SNALVMED / 14 aprile 2017
Mediazione: sanzionato il rifiuto immotivato al primo incontro
Continua a leggereIl dissenso alla mediazione deve essere consapevole, informato e motivato Avv. Alessandra Donatello – La materia delle cosiddette A.D.R. “alternative dispute resolution” ed, in particolare, la mediazione, introdotta con il Dlgs n. 28/2010, prevista come condizione obbligatoria prima di avviare un giudizio per le materie di cui all’art. 5 Dlgs 28/2010, rappresenta ancora un terreno “inesplorato” e, per molti operatori del diritto, addirittura insidioso. La mediazione ancora oggi, a distanza di circa sette anni dalla sua introduzione come condizione di procedibilità, viene vista e vissuta anziché come un’opportunità, come un pesante orpello. Da questa breve osservazione, che prende spunto dall’esperienza quotidiana nell’applicazione della procedura conciliativa, se ne aggiunge una, maggiormente indicativa, che deriva dalla lettura dell’ordinanza del 6 dicembre 2016, emessa dal Tribunale di Vasto. La portata di tale pronuncia va letta, a mente di chi scrive, non solo per le indicazioni operative che si traggono, ma forse ancor di più per il messaggio che intrinsecamente viene fornito. Il caso pratico Nella fattispecie esaminata, il giudice istruttore ha condannato l’istituto bancario convenuto in giudizio, al pagamento di una somma pari all’importo del C.U. dovuto per il medesimo. Il motivo della condanna trova la sua origine nell’art. 8, comma 4 bis Dlgs 28/2010. La banca, chiamata in mediazione, non aveva partecipato nemmeno al primo incontro, limitandosi a far pervenire alla segreteria dell’Organismo di mediazione una comunicazione in cui esponeva la propria intenzione di non partecipare. Le ragioni di tale diniego non erano ricollegabili ad un oggettivo impedimento della parte, da leggersi come l’ostacolo di chi avrebbe voluto partecipare ma, come si legge nell’ordinanza, “non ne ha avuto la materiale possibilità”; esse vanno invece rinvenute in ragioni attinenti esclusivamente il merito delle reciproche posizioni, ora divenute ragioni processuali. Come illustrato nel pronunciamento predetto, nell’attuale sistema normativo “non è mai consentito alle parti…
SNALV / 10 gennaio 2018
La verità negata
Continua a leggereLettera aperta alle lavoratrici e ai lavoratori del settore socio-sanitario-assistenziale Nel mese di aprile 2017 lo SNALV/Confsal, la CONFSAL, la CONFELP, la CIU e ANASTE hanno sottoscritto il nuovo CCNL ANASTE, contratto che regola l’attività lavorativa di una porzione considerevole di lavoratrici e lavoratori del settore socio-assistenziale, CCNL scaduto ormai da otto anni. Le azioni di difesa intraprese dalla Parte sindacale hanno teso a preservare il mantenimento assoluto della pianta organica esistente, favorendo una politica di sviluppo aziendale che, nel tempo, potrebbe spingersi a creare opportunità di lavoro per nuove risorse. La contrattazione in oggetto è arrivata in porto grazie alla volontà di commisurare realisticamente gli interessi in gioco, la leva risolutiva che ha scardinato le posizioni di stallo che si erano venute a creare a causa di sclerotiche contrapposizioni, rivendicate per ragioni di principio, che sono risultate, nei lunghi anni di contrattazione, una vera e propria iattura a danno dei lavoratori. Un Sindacato, un’Associazione di categoria, ha il dovere di interpretare lucidamente le esigenze del momento storico-economico in cui si vive, muovendosi ogni giorno nella consapevolezza di agire sempre e comunque a favore dell’interesse supremo e collettivo dei lavoratori, non per difendere il mantenimento di posizioni o addirittura il privilegio di pochi. Quando questa Organizzazione ha legittimamente divulgato i termini e le condizioni che hanno determinato la sottoscrizione dell’agognato nuovo contratto ha inteso evidenziare che si può e si deve discutere costruttivamente con la Parte datoriale, proprio perché altrimenti le prese di posizioni inutili rendono sterili le trattative. Le lungaggini improduttive e gli aridi atteggiamenti dilatori portano soltanto nocumento al lavoratore! Non si può sottacere, tuttavia, che altre Organizzazioni Sindacali hanno fortemente strumentalizzato la sottoscrizione del CCNL ANASTE: hanno mostrato di voler camuffare maldestramente il proprio dissenso con un attacco gratuito e immotivato a chi, invece, agendo con forte…
SNALVMED / 30 maggio 2017
La conciliazione diventa definitiva
Continua a leggeredi Giovanni Negri. La conciliazione va a regime. Nella speranza che produca risultati anche migliori di quelli attuali, la commissione Bilancio della Camera ha approvato ieri l’emendamento del relatore alla “manovrina”, d’intesa con il ministero della Giustizia, che mette termine ai 4 anni di sperimentazione, sarebbero finiti il prossimo 20 settembre, e rende definitivo uno strumento comunque importante per iniziare a ridurre il flusso di cause in tribunale. Oggi in Aula, per il voto finale, sarà messa la fiducia sulla totalità del provvedimento. Ampio il perimetro delle materie interessate. Molte a elevato tasso di conflittualità. Nel dettaglio: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Gli ultimi dati disponibili (si veda «Il Sole 24 Ore del lunedì» del 3 marzo), relativi al 2016, segnalano, una battuta d’arresto: le mediazioni previste dalla legge (decreto legislativo 28/2010) come condizioni di procedibilità giudiziale, sono passate dalle 151.469 del 2015 alle 138.127 del 2016. In lieve miglioramento l’esito delle procedure: nel 2016 il tasso di successo è stato dell’11,2%, contro il 10,1 del 2015. Numeri ancora bassi che mettono, una volta di più, in evidenza uno dei “peccati originari” dell’istituto e cioè il fatto che nella metà circa dei casi (il 50,4%) una delle parti non partecipa neanche al primo incontro illustrativo in cui viene spiegato come funziona la procedura. Perchè poi è questo primo passaggio a fare la differenza. Infatti, se si considera chi partecipa quanto meno a questo primo incontro la percentuale di successo sale al 23,9% nel 2016 (al 22,5% nel 2015). Numeri ancora più alti se si va oltre e si avvia davvero la procedura di…
SNALV / 10 gennaio 2018
Ministero del Lavoro: dimissioni online – le faq aggiornate all’8 luglio
Continua a leggereMinistero del Lavoro: dimissioni online. Le faq aggiornate all’8 luglio.
EPAS / 10 gennaio 2018
La gig economy, il nuovo volto dell’era digitale
Continua a leggereGig economy, un neologismo che ormai è entrato a far parte del linguaggio comune e coniato qualche anno fa. Ma cosa si intende con questa espressione? È il nuovo caporalato digitale, l’economia dei lavoretti online, una nuova cornice che fa venir meno ogni garanzia di far rispettati i diritti dei lavoratori. “Nell’era delle app e degli smartphone, il mercato del lavoro ormai è gestito online – dice Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato EPAS- si potrebbe definire un capitalismo delle piattaforme, un luogo virtuale, dove alcune aziende che utilizzano servizi web si avvalgono del lavoro digitale per abbattere i costi della manodopera, fornendo al cliente, sì, dei servizi immediati, ma a scapito di tanti lavoratori, che definirei fantasma”. Nell’era della crisi occupazionale, di un precariato ormai sistemico, si va alla ricerca di qualsiasi lavoro che offra anche paghe irrisorie, forse inesistenti e per di più con scarse coperture previdenziali. Le aziende interessate sono appunto quelle che operano nel redditizio mercato delle economie digitali, dove i profitti sono assolutamente molto alti e vantaggiosi. I settori sono vari: turismo, consegne, startup digitali, call center. Questi settori, da alcuni studi effettuati, si avvalgono di manodopera che va dai 30 anni in su nel 62% dei casi, dati che sicuramente non possono definirsi positivi; ciò implica un scelta di accontentarsi del primo lavoro che capita senza badare alle condizioni contrattuali proposte, che porta inevitabilmente ad addentrarsi in una realtà precaria e discontinua dal punto di vista lavorativo dal quale non è facile emanciparsi. È la generazione dei trentenni che con la crisi occupazionale ha difficoltà a trovare lavori adeguati e ben retribuiti e che tende ad accontentarsi, alla ricerca di una qualsiasi fonte di reddito. Dal punto di vista contrattuale in questi settori, i lavoratori sembrano trovarsi in una zona di “mezzo” tra lavoro…
SNALV / 10 gennaio 2018
TFR al lavoratore da parte del fondo di Garanzia senza fallimento
Continua a leggereQuando il datore di lavoro fallisce, TFR e ultime tre mensilità vengono pagate dal Fondo di Garanzia dell’Inps; tuttavia, se l’azienda ha dimensioni ridotte per cui ad essa non si applica la legge fallimentare e, quindi, non può essere sottoposta al fallimento, cosa può fare il lavoratore che non è stato pagato? Secondo la giurisprudenza ormai consolidata – da ultimo confermata da una recente sentenza della Cassazione [sent. n. 8072 del 21.04.2016] – il dipendente può ugualmente rivolgersi all’Inps e ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto, nonché delle ultime tre buste paga. Ma ciò solo a condizione che: – il credito del lavoratore sia accertato da una sentenza o da un decreto ingiuntivo: il dipendente quindi deve procurarsi detto “titolo”, che confermi la misura delle somme di cui egli è creditore nei confronti dell’azienda insolvente; – il patrimonio dell’azienda sia insufficiente a pagarlo: il che può essere dimostrato avviando un pignoramento che non dia esiti positivi (ad esempio per chiusura dei locali commerciali, per assenza di beni da pignorare, ecc.) o anche con la dichiarazione del curatore fallimentare dell’insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore e dell’impossibilità di precedere alla liquidazione concorsuale per incapienza dell’attivo.